AUTOBIOGRAFIA ESSENZIALE, FEBBRAIO 2006

Frequento un corso di danza classica, poi un corso di chitarra classica, parallelamente alla scuola superiore: scrivo e dipingo con rigore. Inizio gli studi presso la facoltà di Lettere - Beni Culturali storico-artistici: sono interessata a capire il parametro critico, e i meccanismi che hanno a che fare con l'analisi dell’opera d’arte e che sono alla base della nostra cultura storica e ufficiale. Gli studi promossi dalla conoscenza di alcuni professori (nonchè scrittori, critici e saggisti), come S. Campailla, S. Causa, A. Sainati, sono molto importanti nella formazione del mio pensiero.

I lavori di Demetrio Stratos e del gruppo Area, che ascolto assiduamente a finalità educative, mi suscitano riflessioni decisive. Da un lato, ho un vivo interesse per la strada musicale principale del secolo che va dal jazz al suo incontro con il rock alla nascita della fusion. Dall'altro comprendo che la mia esperienza ha una strada maestra: è vocale, sperimentale, personale, solistica.

Diffrazioni Sonore è un progetto maturato nel corso degli anni, a partire dal Duemila circa. il lavoro progettuale che ha condotto a Diffrazioni è stato del tutto solistico e solitario, e non concepibile in altro modo. Le tre ore spese in studio a registrare le mie improvvisazioni, e il lavoro di missaggio che ne è conseguito, non sono che il risultato finale di tre anni di passione, solitudine, silenzio.

Proseguendo gli studi universitari, mi trasferisco a Milano; mi precede il lavoro Diffrazioni Sonore inviato alla Giuria del Premio Stratos, che riconosce il valore dei miei obiettivi musicali "difuoristi", dal neologismo stratosiano (ovvero non accessibili alla fruizione occasionale/ordinaria). Continuo dunque a dedicarmi al mio lavoro con assiduità intellettuale ed emotiva. Il mio principale desiderio, oggi, resta quello di uscire almeno per definizione dal limbo dell’Italietta che azzarda, della voce fuori del coro che, coraggiosa, rischia.

Quello che chiamano coraggio è in realtà la mia forza vitale; ed è questa distorsione di senso il limite culturale-concettuale che mi avvilisce, dal quale prendo distanza per necessità creativa, intellettuale, e della coscienza. Attributi ben distanti da qualsiasi mero estetismo artistico nostrano, a cui sfugge il senso decisivo che sovrasta le mie scelte: la necessità.

AREZZO WAVE (Insound magazine, Settembre 2006, p. 66 - Scritto in Luglio 2006)

Io penso che la musica raramente abbia bisogno di definizioni verbali; nel momento in cui essa aderisce alle necessità della coscienza e della ricerca.” Ho postato nel guest-book AW. La mia presenza e la mia attività esistono in virtù di quest’adesione dal bisogno insopprimibile, destinata ad offendere gli animi deboli, e la mia vocalità altrimenti non sarebbe tale.

AW per me è significato la sperimentazione della possibilità di trasmettere questo; ho già detto altrove che il “Premio Stratos” è stato l’unico contesto in Italia in cui ho sentito di poter proporre il mio lavoro, il quale non può volgersi per sua natura ovunque. Arezzo non è ovunque, certamente, è un festival di grande fama il cui carattere peculiare è la selezione tra gli emergenti. E’ corretto parlare di apertura di stili, ma c’è sempre un dominio di capzione che determina le scelte, non della giuria intendo, ma dei musicisti oggi, sia pure vincitori. E questo dominio ha a che fare con la top-ten.

Sentire il sorgere di un applauso sincero quando Claudio Chianura ha sottolineato la necessità della ricerca oggi, nel corso dell’intervista, mi ha provocato una bella emozione! La gente lo sa che si tratta di una necessità; non può rimanere indifferente alla discussione quando viene affrontata.

Quando viene affrontata. Questo il punto.

Non si può dar la colpa alla gente dello stagno culturale, quanto a chi vuol far cultura crogiolandosi in stilemi stantii e la forza di superarli neanche a pagarla.

La forza è una caratteristica evidente dell’Arezzo Wave Love Festival: si è richiamati da più parti del paese e vuoi che c’è il campeggio, la festa no stop, l’intreccio di pìù arti (cinema, fumetto, cabaret), il richiamo lo costituisce la musica.

Nel panorama dominato da metal-core e pop elettronico degli emergenti d’Italia cosa ho significato io? Alla domanda hanno risposto molte persone avvicinandosi all’area stage durante il concerto e dopo, riflettendo sul grado di sperimentazione. Da questo punto di vista il mio scetticismo per un contest inadeguato è dovuto scemare. Confermatosi tale, invece, per quel che riguarda i parametri della diffusione audio, fissi su standards molto poco opportuni! Ciò pur rientra nel discorso sulla propositività della mia esperienza ad Arezzo, ed altro è l’importante.

La certezza della coscienza di essere ed esserci è come una sensazione invadente che devasta: come la scoperta del proprio potenziale e il riconoscimento in sè della voce per dire. Chè la musica, la ricerca e la coscienza sono univoche.

LA MIA ANIMA BLUES (MARZO 2006)

La sera prima dell’incontro con la Galas e con parte dei membri del Comitato Premio Stratos, con una eccitazione simile io ero alla Blues House da Odetta. Il pubblico però si è dimostrato lo stesso di quando andavo tempo fa a fare la corista, o di quando su quel palco c’era la band più anonima e mediocre.

Non so quante persone erano lì con la mia stessa emozione nel petto. Odetta per me è una vocalist importante, determinante; è stata oggetto di studio e passione e.. ho potuto ascoltarla a due passi da casa mia per una cifra misera, insieme ad un pubblico che si è manifestato occasionale.

Parliamo di blues, vero storico grande blues; vera storica grande fetta della musica. Quella moderna ha avuto inizio qui, e la gente non lo sa. Ride, beve la sua brava birra, borbotta cose fuori luogo e coscienza convinto di farsi il figo; e si spaccia per un amante, un conoscitore, un fruitore della buona musica.

La mia esperienza sperimentale dista da queste considerazioni cento anni di coscienza vacante. E sorrido sarcasticamente, sopprimendo un nodo in gola, nel riflettere.

Il pubblico dei locali che ascolta con piacere il blues nella proposizione delle numerosissime coverband, oggi giorno, non è abituato a partecipare di un’esperienza emotiva intensa come è potuta essere l’esibizione di Odetta a Milano. In questo fatto convergono aspetti storico-culturali che sono materia musicologica e contro i quali le attuali condizioni di proposizione e fruizione musicale si scontrano per forza di cose.

La forza del canto e i significati dell’espressione vocale, nella mia esperienza, non possono prescindere da osservazioni di questo tipo. Il fatto che la musica da definire realmente colta oggi non esista che contaminata, in connessione ad un processo storico che ha avuto inizio insieme con la codifica in sede critica del blues e del jazz, costituisce un discorso che merita di essere definito di natura ideologica non astrattizzante.

Il mio lavoro, il cui riconoscimento si deve al Premio Demetrio Stratos, affonda le sue radici in tutto ciò che si riconsce vero a priori di ogni concettualità. Non sarei in grado di studiare l’opera di Stratos se non sentissi una tale forza ad animarmi il petto; nè di proporre alcun tipo di approccio alla vocalità non condizionata se non mi identificassi con quanto verbalmente può essere definito “essere-dare voce”.

La mia attività "di genere" - giacchè oggi esiste con difficoltà una cultura blues pura, così come una cultura jazz pura, contaminate come sono dalle concezioni razionali di esseri troppo distanti (non solo fisicamente ma anche con l'emotività) dall'origine, codificate in termini di nomenclature sterili e nel migliore dei casi sistemate in uno scaffale della storia - si presenta a me stessa, per tanto, con un’intensità che non posso tralasciare.

LABORATORIO VAOCALE DI ROMINA DANIELE

Il Laboratorio in oggetto si è svolto a Valmadrera (Lecco) tra maggio e luglio 2006, per iniziativa e presso CRAMS Scuola di musica (Lecco). Questo il Programma completo presentato da Romina Daniele

Programma:

I materiali dell'esperienza collettiva saranno indirizzati alla capacità discorsiva propria di una produzione vocale non condizionata, fondata sulla consapevolezza conoscitiva.

Proposizione di esposizioni teoriche ed esercitazioni pratiche precise sono previste in relazione a:

- respirazione - generazione di suono - modulazione di intensità, durata, frequenza - individuazione palpabile degli organi in azione fattiva durante la produzione vocale - i registri canonici attraverso conoscenze di articolazione e di modulazione - stati d'animo - interpretazione di testi - suono, aria, rumore - improvvisazione individuale e di gruppo.

L'esperienza si concentrerà sulla consapevolezza necessaria di essere in quanto voce, implicante il riconoscimento della voce come espressione potente del sè al di là di qualsivoglia settore o ruolo canonico, proiettandosi verso l'indifferenziazione stilistica a fini artistici ed esplorativi.

Mio il pezzo che stai leggendo, mio il laboratorio. Un possesso duplice. Scrivo qui oggi qualcosa su questo valore: la centralità del mio pensiero, della mia esperienza; il laboratorio nella sua effettività.

Ad un primo sguardo, non è difficile capire che il mio programma richieda una forza incondizionata non indifferente di volontà conoscitiva nei confronti di se stessi in quanto voce-che-si-da-voce, come requisito per i partecipanti. Questa cosa oggettiva ha da fare i conti però con i significati altrettanto oggettivi di quelle che si definiscono oggi attività laboratoriali.

Alle attività laboratoriali e alla progettualità ormai si educano i bambini sin dall'infanzia. E' un fatto di istituzione. Oggi ci piace tanto sguazzare nella modernità e nell'apertura mentale (per definizione) e impastare le cose così da chiamarle con un linguaggio al passo coi tempi. Poi ci troviamo avvinghiati in una catena di sinonimi: laboratorio corso lezioni didattica...

Io ringrazio molto "Cantieri Sonori" e la Crams che mi hanno dato modo di approfondire di queste riflessioni (che ho idea di organizzare per un trattato, entro quest'anno). Perchè io non avevo mai pensato di incanalare la mia esperienza nei significati di dottrina e indottrinamento. Mai. Si tratta di questioni assai sottili intorno cui ruota il mio pensiero e attraverso collegamenti tutt'altro che palesi.

Dottrina e indottrinamento. No. Non mi riguardano.

La mia maniera consiste nel non avere maniera, cito Hegel.

L'indottrinamento è quello che serve a contenitori sterili così da poterci attaccare sopra un'etichetta. 

Le gentili persone con cui mi incontro il giovedì a Valmadrera non sono "gli allievi di Romina Daniele" nè esploratori profondi della propria voce. Sono gentili persone.. che hanno sbarrato gli occhi e ostentato il silenzio alle mie provocatorie parole, e che non avevano mai pensato alla vettorialità della Voce-Azione e al suo veicolarsi come Presenza incontestabile, prima d'ora.

Laboratorio questo dunque, reale. Non lezioncina. Non gruppo di ricerca specialistica. Bensì sperimentazione della possibilità di espansione a raggio della necessità della Voce-Azione.

Coscienza.

Prossimamente renderò noti: i contenuti particolaristici del lavoro svolto negli incontri trascorsi e le informazioni circa lo stage di due giorni che pure mi è stato chiesto gentilmente di tenere.

Ringrazio tutti.